mercoledì 16 giugno 2010

Al concerto nel pub 5 (finale) - Il Pogatore - Malcontento e degenerazione - epilogo

Serpeggia il malcontento attorno al rompipalle ed al suo compare canuto.
L'olezzo diventa insopportabile, quasi più fastidioso delle urla e degli spintoni.
Un energumeno laziale, che assiste per caso al concerto, è il primo che accenna ad una piccola protesta, apostrofando il chierica in una poltiglia di italiano-romanesco: «A fijo di na mignotta, li mortacci tua e de li mortan guerieri! Statte lontano, la mi' regazza buzzicona c'ha cardo e poi puzzi de fogna e topi morti".
La buzzica, cattiva come una iena, fomenta:-"Amo', daje na lezzione a sto terrone, li mortacci sua e de li mejo mortan guerieri, pe ppoco me sfreggia er tatuaggio che m'ha fatto er cinese de Fiummicino!».
(un tatuatore orientale del medio Lazio, ha fatto credere alla tipa di averle disegnato "Amò, per sempre tua" in ideogrammi, quando in realtà c'è scritto "Anche io sono un'idiota col tatuaggio-ideogramma").
Torniamo a bomba alla realtà.
Non ha tutti i torti il simpatico frascatano, riguardo all'odore nauseabondo proveniente dal Pogatore. Costui ha mangiato pesante, cibo da criminali: purè di fave con peperoni piri piri, broccoletti agliati, wurstel alla genovese (cipolla a gogò), e come colpo di grazia, il temuto CaffèSport Borghetti, un disgorgante chimico di potenza inaudita, usato a Guantanamo per far cantare i prigionieri più ostici.
La reazione non si fa attendere, il maledetto comincia a sudare freddo, si blocca in posizione di "attenti" con gli occhi pallati, fronte e chierica imperlata di minuscole goccioline gelate.
Chiede aiuto solo con gli occhi al degno compare, il quale pur avendo usufruito dello stesso menù, si vanta di avere uno stomaco al fulmicotone e di essere un grande scorreggiatore rumoroso, si, ma non puzzolente.
I musicisti non si accorgono del dramma, ci rimangono male, quando durante un ritornello a ritmo di tarantella, notano un calo di foga dell'audience.
Il cantante, un troione che solo per il fatto di aver trascorso una settimana a Londra in gita parrocchiale, fa lo sbruffone con la lingua di Shakespeare, si permette di incitare il pubblico in una brodaglia di italo-inglese: «Uèè cam on tutt claps le mani! Dans e cantè evribod».
Due spettatori americani del contingente O.N.U. si guardano come per dire "Che cazzo ha detto st'imbecillone?". E lo buano di brutto, più feroci dei loggionisti del teatro alla Scala di Milano.
Il Pogatore comincia a vibrare come un missile sulla rampa di lancio di Cape Canaveral, chiede pietosamente al barista di poter usufruire del camerino.
Nel frastuono il barista "L'accendiiinooo??? Quale bambino?"
Pogatore: "Ho bisogno urgente del BAGNO!"
E qui gli saltano due ponti ortodontici provvisori, per cui perde la fonazione di quasi tutte le consonanti. Al posto di "bagno" esce un raglio, un gnè gnè confuso: «Uaio, ainio, gnagno!»
Barista: «Cooosaaa? Il ragno? Carlomagno? Pesto con l'aglio?».
Pogatore: «Maledettooo, dov'è il doppio zero, il watercloset, il cessoooooooo!!!»
(in realtà, dalla sua bocca usciva: «EEèèooo, hoè i ohho elo, i aèllose, i ehooo!!!»
Barista: «Ahhh ho capito, mangiapane a tradimento, ma prima devi consumare almeno un drink, che quelli come te li conosco, peggio dei punkabbesta scroccasigarette!»
Pogatore: «Si, farabutto, prendo tutto quello che vuoi, dammi il whiskey torbato invecchiato 150 anni, basta che mi fai usare la toilette».
Il barista, lentissimamente apre una teca a forma di ostensorio, con un suono di trombe d'argento appare la bottiglia più preziosa del locale, un whiskey distillato da Father John McKenzie nel 1930, in pieno proibizionismo. Il valore è inestimabile, il pogatore dovrà giocarsi tutte le rate rimanenti del SUV per poterlo pagare.
Ma tutto d'un tratto, colpo di scena, l'amico canuto e assetato decide di fare lo splendido, (non ha una lira) e con un gioco di prestigio afferra la bottiglia e la fa girare a mo' di spinello, offrendo un sorso a tutti gli amici occasionali.
Complimenti ed ovazioni per la generosità del soggettone, che però con un rutto roboante taglia la corda, lasciando l'antica bottiglia, miseramente vuota, in mano al pogatore disorientatissimo, che ormai ha le visioni, manie di persecuzione e miraggi.
Con dei dolori tipo parto si avvia verso il WC, ma una volta dentro si accorge che c'è solo un minuscolo lavello incrostato.
Passa qualche minuto e l'energumeno, bevitore del vino de li Castelli, bussa alla porta della ritirata. Dall'interno, il chierica risponde con una curiosa voce da suora svizzera: «Lasciatemi morire qui, dite a mia madre di perdonarmi, seppellitemi con la sciarpa da tifoso, mentalità ultrà forever!».
Si lascia andare, sghignazzando, ormai senza più freni inibitori.
Quando il barista, incazzatissimo, sfonda la porta, lui sostiene di essere un eremita che non vuole avere contatti con altri esseri umani, anzi, si mette a ripetere in perfetto aramaico: «Elì, Elì, lemà sabactàni? Perchè mi hai abbandonato?».
Il barista, inferocito, va per dargli una sonora lezione, roteando il pugno nell'aria.
Si accendono le luci, il concerto è finito, altri linciatori volontari si fanno avanti, ma il Pogatore, a guardarlo bene, si rivela un poveraccio, un barbone senzatetto con 2 incisivi residui e gli occhi strabici di un folle (uno palesemente falso, di vetro, misero souvenir di una battaglia da stadio con degli ultras del Barletta Calcio di serie Z).
Imbarcato frettolosamente e clandestinamente per essere ricoverato d'urgenza al manicomio navale di Tirana, registrato con un improbabile nome albanese Blerin Naceri, come compagno di cella un cavallo da monta turco, per giunta pederasta, che ovviamente non si lavava mai. Lo guarda con voluttà.

Ben gli sta.
Però un po' dispiace.

Epilogo.
Il barista, disperato per la bottiglia di whiskey del proibizionismo, medita vendetta.
La risposta del colpevole scorreggione non si fa attendere: "Che me ne fotto"!

Nessun commento:

Posta un commento