sabato 3 settembre 2011

La festa patronale 2011

La festa patronale

N.B. Questo post è una riedizione-remix a se stante e leggermente edulcorata de "Il Sacrestano Tifoso cap. 4 - La festa patronale- Flauti di pan, il Cafone SpeedyPizza - Wafer Bovolone e Bagni chimici"


Le donne, i cavalieri, le armi e gli amori, il tutto rappresentato nella sfarzosa sfilata in costume dell’annuale festa patronale.
Questa volta il parroco aveva fatto le cose in grande, ingaggiando persino veri mercenari come archibugieri, che squassavano l’aria (e scassavano i “cosiddetti”), ad intervalli regolari, con scoppi fragorosi di inaudita potenza.
Il sacrestano, Amintore Borzacchini, soggetto noto in città per la sua curiosa abitudine di infarcire ogni frase con colorite scurrilità, si era bardato da Enrico VIII, ed indossava una pesantissima armatura nella quale gas di putrefazione autoprodotti, stavano rendendo l’aria mefitica.
Vicino a lui, un chierichetto di lungo corso, il trentaquattrenne Teodosio Fagioli, cominciava ad avere dei mancamenti, e si chiedeva quale discarica a cielo aperto avessero aperto in città di recente.
Anche lui, come il sacrestano, aveva esagerato nell’immedesimazione medievale, e per fare bella figura al cospetto di una sua fiamma, si era procurato un’alabarda originale di ferro piombato, che ostentava con spavalderia e nonchalance. Il buffonaccio però comincio quasi subito ad avvertire dei dolori lancinanti alle braccia, il peso dell’infernale e lunghissima arma si faceva sentire sempre di più, e ad ogni passo era costretto ad assumere una posizione sempre più curva, a mo’ di penitente. Sembrava un gesuita dell’Opus Dei, con tanto di cilicio, al punto che cominciò a farfugliare frasi sconnesse in esperanto: « Saluton my nomiĝas Teodosio, bone» (Salve, mi chiamo Teodosio, va tutto bene!), e soprattutto ad avere manie di grandezza, allucinazioni e manie di persecuzione. Passava di lì una donna in costume medievale, additata immediatamente dal pazzo, il quale rivolgendosi al sacrestano “Enrico VIII” esclamò «Eccola. E’ lei, Anna Bolena! Maestà, arrestiamola e portiamola nella Reale Torre di Londra».
Per colmo della sfortuna, la donna si rivelò essere la suocera del Borzacchini, una tremenda megera per la quale il povero sacrestano covava un odio omicida, sentimento ricambiato, col carico di briscola, dalla strega.
“Anna Bolena” mollò un sonoro ceffone al malcapitato, e tramite un lampo negli occhi, promise al genero una punizione degna di un carcere turco.
Intanto proseguiva la parte religiosa della rappresentazione, e per onorare al massimo il Santo Patrono, don Lorenzo, in un altro accesso di megalomania, si era dotato di un impianto di amplificazione degno del più fragoroso concerto rock. Tra luminarie sfavillanti, odori di varia gastronomia ammazzafegato e bancarelle cervellotiche si faceva largo la processione microfonata wireless. Appositi addetti trasportavano gli altoparlanti come fossero moderni Cirenei, che oltre al fardello pesante, avevano nelle orecchie un rimbombo assurdo che avrebbe causato danni permanenti all’udito.
Purtroppo qualcosa non andava, e l’audio ad un certo punto cominciò a trasformarsi in un gracidio fastidiosissimo, tale da scatenare le ire del prelato, infastidito, tra l’altro, dalla musica sparata a palla proveniente da una delle innumerevoli bancarelle di peruviani dal sospetto accento campano.

Fine Primo tempo - Digressione Flauti di Pan

Nessuno si sentiva di dare torto all’uomo di chiesa.
Chi ha frequentato almeno una volta queste feste patronali si è accorto di questa bancarelle bombardone dove dei mascalzoni propinano CD con musiche eseguite coi FLAUTI DI PAN!
Orbene, questi stramaledetti flauti di pan dovrebbero bruciare all’inferno, oppure venire usati come mezzo di tortura a Guantanamo.
Famose colonne sonore, tipo “Il re Leone”, “Titanic”, “Il padrino”, irrimediabilmente deturpate, la voce meravigliosa di Witney Houston di "I Will Always Love You" sostituita da un monocorde suono dei tremendi pifferi andini (che vengano bruciati per l'eternità).
Mistero fitto sugli acquirenti di questi CD .
Perché mai, un essere sano di mente dovrebbe spendere 10 euro per ascoltare Margherita di Riccardo Cocciante suonata con una tastiera MIDI che imita lo stramaledetto flauto di pan?
Quale mente diabolica concepisce l'esecuzione del tema di Titanic da parte dei nativi delle Ande?

Secondo Tempo

Accanto ai "napoletan-peruviani", stanziava un'altra delle attrazioni più assurde delle feste patronali: il tirassegno al wafer!
Trattasi veramente di un gioco per pazzi furiosi evasi nottetempo dal manicomio navale, in quanto su una serie di scaffali di fronte alla postazione di tiro, vengono disposte le più ignobili porcherie in fatto di ciondoli che un essere umano abbia mai concepito. Si va dal cornetto rosso di plasticaccia al portachiavi a forma di teschio, dal minipeluche infestato dai pidocchi al ciondolo a soggetto kamasutra.
Ma l'oggetto più incredibile è lui: IL BOVOLONE! Il wafer monoporzione che, colpito dai proiettili di gomma del fucile ad aria compressa, non si scalfisce mai!
La commestibilità di tale prodotto è messa in serio dubbio, studi segretissimi dell'OMS hanno rivelato la presenza di ingredienti allucinogeni oltre alla malta per edilizia, ghiaia, sabbia e cartone.
Naturalmente tale attrazione viene presa d'assalto dai più noti professionisti della città, che fanno a gara, e spendono cifre iperboliche, per conquistare l'agognato wafer spaccadenti.
Proprio mentre passava don Lorenzo, uno di questi stimati cittadini, il pluripregiudicato Oreste Fanfalucchi, si stava accanendo con una gragnuola di colpi verso i preziosi bersagli-premio.
Sarà stata la stanchezza fisica, l'oppressione della folla, il microfono wireless che gracchiava, fatto sta che il parroco, vedendo quel pagliaccione col fucile ad aria compressa completamente disinteressato alla religiosità del momento, si ricordò di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio, e si lasciò andare ad una rabbia omicida.

Lanciò il microfono verso il sacrestano, che novello Freddie Mercury, si esibì in piroetta aerea per afferrarlo al volo.
Urlando terribili parole di scomunica disarmò quel derelitto intimandogli: «Mani in alto!».
Il poveraccio non se l'aspettava, e colto di sorpresa girò i tacchi per confondersi tra la folla allibita. Ma ormai si era passato il limite, ed in spregio alle buone regole dei duelli, senza alcuna remora, don Lorenzo cominciò a sparare alla schiena del fuggiasco, che lamentandosi con una voce stridula da suora urlacchiava: «AHIA, ahi che dolore, mi ha sparato! Poteva uccidermi! Aiuto, aiuto, salvatemi da questo prete assassino!».
Il danno fatto dai pallini di gomma, naturalmente, era risibile, ma il lestofante spaventatissimo si mise messo a correre travolgendo una bancarella di finti napoletani (ironia della sorte, stavolta veri peruviani, a differenza di quelli dei flauti di Pan).
Questi, campioni del buon gusto, erano venditori di CD di cantanti neomelodici fotografati in copertina col vestito della prima comunione, sguardo perso nel nulla assoluto e, ciliegina sulla torta, il solo nome di battesimo desinente sempre in “izio”: Fabrizio, Patrizio, Maurizio.
Gli andini, furiosi col fuggiasco, gli lanciarono seduta stante la temibilissima “Maledizione di Montezuma”!
Gli effetti furono pressoché immediati.
Oreste, pensava di averla fatta franca, ma cominciò ad avvertire dolori tipo parto. Sembrava una gravida al decimo mese con le doglie, che con pietosi occhi iniettati di sangue avrebbe dato un braccio per una toilette. Questo disgraziato si trovava a combattere tra il dolore alla schiena, frutto della sparatoria al tirassegno, e i terribili crampi intestinali, gentile omaggio non solo del malocchio, ma soprattutto della terribile mistura di cibarie da festa, che aveva ingurgitato con fare smargiasso.
Non si era lasciato scappare nessun chiosco di cibo: anacardi, noccioline, arachidi, copeta, (blocco granitico di mandorle caramellate, gioia di tutti i dentisti in cerca di clienti) torrone di marmo, panino con salsiccia calabrese alle 7 salse segrete, zucchero filato per rifarsi la bocca, granita multicolore al ducotone, panzerotto fritto nel paraflù Fiat, ripieno di magma vulcanico alla mozzarella, crêpes alla nutella e Grand Marnier, frittura mista (stavolta con olio Mobil usato da un TIR) con polpo e calamari giganti. Il tutto ingollando 2 birre Dreher grandi, che avevano formato nel suo stomaco una pressione di 2,2 bar, la stessa dei pneumatici anteriori della sua Toyota!
Per una volta sembrava che la fortuna arridesse al meschino.
Il sindaco, per l’occasione, aveva disposto la presenza di bagni chimici nei luoghi della festa, e proprio a pochi metri, come un miraggio, gli apparve la salvezza.
Purtroppo per lui, la tremenda realtà: era inesorabilmente OCCUPATO!
Un'intera famiglia di ambulanti di origine orientale circondava il totem colorato, al cui interno faceva i suoi comodi tale PinYin PinYin, venditore di pistole per fare le bolle di sapone, che accortosi del clamore che veniva dall'esterno si mise di traverso per non fare aprire la porta del WC. Il poveraccio all'esterno era quasi cianotico e cominciava ad avere perdite preoccupanti dall'impianto di scarico, mentre disperatamente bussava piagnucolando: «Pietà! Aprite, sto male, mi hanno sparato, ho la diarrea del viaggiatore, (nuova ironia della sorte, costui non aveva mai oltrepassato i confini provinciali) sono disposto a pagare!».
PinYin PinYin fiutando l'affare sparò una cifra assurda: «500 eulo, glazie!».
«Si, si, accetto, faccio un assegno!» replicò il filibustiere, ormai allo stremo.
PinYin PinYin, bieco come un torturatore dell’inquisizione : «Non mi fido, contanti o carta di credito».
Il malcapitato riuscì miracolosamente a fare passare la carta magnetica attraverso un pertugio, e dall'esterno, magicamente, si udì chiaramente un rumore di modem-fax, con emissione di scontrino.
Applauso scrosciante da parte di tutti i colleghi dell'ambulante, che uscì esultando facendo il gesto V di vittoria.
Finalmente il moderno vespasiano offriva tutta la sua funzionalità al disperato partoriente, e qui viene coscienziosamente risparmiata la descrizione degli attimi successivi.
Si erano aperte le porte dell'inferno.
Epilogo

Purtroppo, cuoceva un piatto ancora più amaro per Oreste.
Il parroco lo aveva scorto, e decise di fargliela pagare una volta per tutte, ordinando a quattro Cavalieri di Malta di posare per un attimo la statua del Santo Patrono per sradicare il WC chimico, e sistemarlo su una delle giostre a centrifuga che animavano la festa.
Furono i momenti peggiori della vita del disgraziato che non si riprese più dallo shock e decise volontariamente di passare il resto della vita sulle Ande, come un eremita.
Unico suo compagno, un flauto di pan!