sabato 30 aprile 2011

L'autista pazzo, ovvero: Baby you can't drive my (fast) car

bozza da revisionare

Aprile dolce dormire.
Fiori rosa, fiori di pesco, oltre all'immancabile pitosforo annunciavano l'arrivo della bella stagione. L'odore dell'arbusto si infondeva nell'aria dando ancora più risalto alle grida gioiose di giovani donne che assaporavano le prime brezze tra le gambe sottratte alla tortura delle calze invernali, così come facevano capolino da generose scollature miriadi di seni marmorei, finalmente liberati dai girocolli costrittivi.
Aprile è anche il mese delle gite scolastiche e ,come d'incanto, le città si riempiono di bus granturismo con a bordo studenti urlanti, insegnanti accompagnatori con un principio di esaurimento nervoso e... si! proprio lui, l'autista.
Nicolino Pollastri da vent'anni guidava queste bestie su ruote da mezzo milione di euro, e lo faceva notare sempre ai teppisti a bordo: «Sto pulma costa quattrocientottantamilaeuro! Se mi scassate qualcosa vi spezzo la noce del capocollo».
Era un pazzo furioso, odiava il traffico e gli autisti insubordinati.
D'altro canto era il peggior pirata della strada di tutti i tempi, si faceva tutti i semafori rossi provando un sottile piacere quando i poveretti, che volevano passare giustamente col verde, erano costretti ad inchiodare e a lasciare mezzo treno di gomme sull'asfalto.
Naturalmente non si sognava minimamente di chiedere scusa, il torto era sempre degli altri.
Ma al peggio non c'è limite, Nicolino aveva la collezione musicale peggiore della storia delle autostrade mondiali. CD ed mp3 obbrobbriosi.
Spiccava naturalmente un cofanetto completo di temi da colonne sonore eseguiti coi FLAUTI DI PAN. Ogni volta che partiva "Titanic" con lo stramaledetto suono degli stramaledetti flauti andini, sintetizzati con la pianola Bontempi, l'autista con sguardo sognante di chi la sa lunga imitava in falsetto le note originariamente cantate da Celine Dion.

Il mascalzone era arciconvinto di emettere suoni gradevolissimi paragonabili alla voce della terribile canadese, ma inutile dire, il risultato era un penoso latrato: un cane.
Si vantava, specie con le accompagnatrici e le guide più attempate, di essere stato in gioventù un "Tombeur de femmes", un casanova, ostentando francesismi improbabili: «Madam, iè son stat un grand Trombè di femmini, un casanuova!».
Quel grandissimo figlio di ndrocchia inoltre usava un profumaccio sgraffignato all'autogrill, di infima fattura, una roba stordente, paragonabile allo sniffare colla Bostik.

Neanche il potente odore da baldracca però riusciva a coprire delle continue e potenti zaffate agliocipollate.
Il bus, dopo qualche ora di viaggio, diventava una terribile prova della morte per gli olfatti dei passeggeri. Se uno chiudeva gli occhi e si faceva trasportare dagli odori passava da una casa di tolleranza degli anni venti, ad una falegnameria, da un hammam turco fino ad arrivare al tremendo mercato delle spezie della Medina di Tunisi.
Una volta, durante una gita a sfondo religioso si trovò a bordo una ciurmaglia di anziani particolarmente ostili.
Lui odiava tutti i passeggeri, dai bambini dell'asilo agli studenti delle superiori, dai tifosi del pallone ai boy scout in gita estiva.
Ma quelli che proprio non sopportava erano gli anziani, specie quelli che pregavano durante il tragitto.
Preferiva un ciclo continuo di 8 ore di "Ci son due coccodrilli ed un orango tango" piuttosto che sorbirsi milioni di volte "Pregapernoi". . Addirittura poteva sopportare l'interminabile "La BRUM del capo ha un buco nella gomma", cantata da folli giovani esploratori a tutta voce.
Quella volta era di fronte a degli accaniti recitatori di rosario. Desiderò schiantarsi come il "Double deker bus" della famosa canzone pessimista cosmica "There Is A Light That Never Goes Out" degli Smiths.

Tentò di estraniarsi dal loop di Avemarie che proveniva dalle sue spalle guardando le cosce della capocomitiva che sedeva al posto riservato in prima fila accanto al suo.
La signora,vedova ancora piacente, non era una "rosarista" e pur di non partecipare alla recita si beveva tutte le panzane dell'autista pirata, compresa la storia del dongiovanni e della sua padronanza delle lingue.
Il farabutto accese l'autoradio a volume basso, solo per i posti davanti, con la scusa di sentire il notiziario sul traffico, e soprattutto per avere qualcosa in sottofondo oltre ai Misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi, luminosi, che lo mandavano letteralmente in bestia.
Ad un certo punto partì la canzone di Tracy Chapman "Fast car", e fu lì che Nicolino decise di giocarsi il jolly della cultura musicale. Si illuminò tutto ed escamò con voce da trombone:- «Signora mia, quanti ricordi questa canzone! Si tratta di Tresi Ciapma, con I cant love you baby, la canzone della mia prima fidanzata!».
La signora non ci capì nulla e si limitò ad annuire, tanto a lei non gliene fregava un emerito.
Purtroppo per l'autista sbruffone, nelle prime file dormicchiava un anziano deejay che aveva una memoria formidabile per le canzoni degli anni 80 del secolo scorso.
All'inizio decise di avere pietà, e di non contraddire il lestofante, ma quello insisteva:- «SI! SI! E' proprio quella "I cant love you baby" la so pure cantare a memoria».
In realtà anche a lui stavano venendo dei dubbi, ma non lo avrebbe ammesso mai, fischiettava e cantava il ritornello (solo il punto dove fa "Aihaih", l'unica parola che conosceva!).
Il deejay non poteva più tacere, ed esplose: «Maledetto strooonzooo, finiscila di sparare balle, a parte che questa canzone è "Fast car", non esiste nessuna canzone di Tracy Chapman con quel titolo, farabutto che non sei altro».
L'autista s'incazzò «Ma come, I can love you baby, ci ho ballato il lento al matrimonio di mia cugina!».
L'anziano: «Taci, pezzo di ignorante, quella si intitola "BABY CAN I HOLD YOU", maledetto pirata della strada e della musica, tu e i tuoi cd coi flauti del cazzo di pan!».
La vedova piacente prese le parti dell'autista e minaccio il vecchietto di abbandonarlo in autostrada come un cane abbandonato in autostrada!
Ma quello non si fece intimorire e, con gli occhi da pazzo, azzannò un orecchio dell'autista, scoprendo così che il poveretto portava il parrucchino. Si trattava del tipo che si attacca al cuoio capelluto con l'adesivo, e biecamente decise di strapparglielo a mo' di striscia depilatoria.
L'urlo dell'autista fu agghiacciante e comico allo stesso tempo: «AHIHIHAMAMMAAAA i miei capelliiii».
Riuscì miracolosamente (il rosario servì a qualcosa) a parcheggiare il pullman in una lurida area di sosta braccata da lupi e ladri di professione, scese e si mise a correre ululando nella brughiera.

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